Via del Corso
Se passeggiate in direzione mare sullo sfondo avete l’altare della Patria e il milite ignoto. In senso opposto sullo sfondo intravedete la porta di piazza del Popolo. Lungo tutto il percorso si aprono le strade dello shopping più eleganti di Roma. Ma trovate anche il centro pulsante della vita politica all’altezza di piazza COlonna, con il palazzo del governo e Montecitorio. Il più lungo rettilineo del Centro Storico di Roma attraversa quattro rioni e la storia stessa della città eterna.
Ai tempi di Augusto la via si chiamava “via Lata“, nel Medioevo si chiamava “via Lata” il tratto che dal Campidoglio giungeva a piazza Colonna, mentre la parte restante, fino ed oltre la porta del Popolo, era la “via Flaminia“.
Nel 1466 papa Paolo II, il veneziano Pietro Barbo, stabilì le regole delle corse dei cavalli e volle che le feste del Carnevale si svolgessero lungo questa strada (mentre, fino ad allora, si svolgevano al Monte Testaccio), dall’Arco di Portogallo fin sotto palazzo Venezia nel quale risiedeva: il toponimo, allora, cambiò in via del Corso, con evidente allusione alle corse.
Sotto Pio IX, nella sera dell’Epifania del 1854, il Corso venne illuminato a gas per la prima volta. Al fine di salvaguardare la decenza della via destinata al pubblico passeggio, si aprirono, allora, negozi di confezioni e di alta moda, librerie, antiquari e gioiellieri.
Nell’ultimo Ottocento era di rito la “trottata” al Corso, una sfilata di carrozze nelle quali sedevano nobili donne con elegantissimi abiti. Tuttora per i romani è la via dello “struscio” del sabato pomeriggio, soprattutto nella parte da piazza Colonna a Piazza del Popolo.
A Roma la storia si ripete, fa giri immensi e poi torna, rinnovata, ma sempre intrisa di bellezza.
Su via del corso si alternano palazzi storici, chiese fra le più importanti, negozi e luoghi di ritrovo. Allo stesso tempo la via ricuce il centro della città creando un percorso suggestivo. Non ci si può sentire più al centro di così. Il Tridente a nord e Piazza Venezia a sud. Dalla Roma Antica alla Roma Barocca tutte le declinazioni della bellezza di questa città magica.
Palazzo De Carolis
Al civico 307 si trova il Palazzo De Carolis, costruito per il ricco commerciante Livio De Carolis di Profi, nonché Generale delle Poste Pontificie, su disegno di Alessandro Specchi tra il 1714 ed il 1724, fondendo alcune case della famiglia Grifoni e del Conte. Nel 1830 passò ai Boncompagni-Ludovisi, principi di Piombino, che provvidero a far restaurare il complesso. Nel 1908 fu acquistato dal Banco di Roma che affidò a Pio Piacentini il compito di rinnovare l’edificio: in particolare fu trasformato il cortile in salone per gli uffici aperti al pubblico e le scuderie in ambienti per gli uffici. La facciata è imponente e maestosa con triplice ordine di finestre a timpano arcuato o triangolare o decorate con conchiglie, mentre il cornicione a mensole reca elementi dello stemma dei Boncompagni-Ludovisi (il mezzo drago e tre sbarre). Il portone, sul quale domina una testa femminile e lo stemma della Banca di Roma, è ornato con quattro colonne doriche sorreggenti un ampio balcone. Il breve vestibolo immette in un piccolo cortile con fontana, in una parete del quale, all’altezza della seconda finestra del secondo piano, una lapide ovale è posta nel punto dove, nel 1849, durante l’assedio di Roma, arrivò una cannonata: il testo dice “Un colpo di cannone francese lanciò una palla in questo luogo il giorno 20 giugno 1849 alle ore 3 e 3/4 antimeridiane, del calibro da 24”.
S.Maria in via Lata
A fianco del suddetto palazzo De Carolis si trova la chiesa di S.Maria in via Lata. La magnifica facciata, opera di Pietro da Cortona, risale al 1662 e presenta un portico centrale, costituito da colonne corinzie, sormontato da una loggia pure a colonne con capitelli compositi che sostiene il frontone. Il timpano è sormontato da una croce e da vasi fiammeggianti in pietra. L’interno ospita il bellissimo altare maggiore, opera di Gian Lorenzo Bernini, con la “Madonna Advocata” attribuita a S.Luca. Inoltre vi sono le tombe di Giuseppe Napoleone Bonaparte e di Zenaide Bonaparte. Nei sotterranei vi sono conservati i reperti dell’antica basilica: in questi ambienti, secondo la leggenda, vi avrebbero dimorato sia S.Paolo che S.Luca.
Palazzo Doria-Pamphilj
Le origini dell’edificio risalgono al 1505 quando il cardinale Fazio Santoro, titolare della chiesa di S.Maria in via Lata, acquistò una parte del terreno dove sorse l’intero complesso insieme ad alcune costruzioni, tra le quali la casa del primo cardinale del titolo di S.Maria in via Lata, Niccolò Acciapacci, il quale l’aveva fatta costruire nel Quattrocento e dove avevano abitato i porporati successori di quel titolo. Il cardinale Santoro fece demolire quella casa e ne fece costruire una più grande distribuita intorno a un grande cortile rettangolare a colonne, ancora esistente ed attribuito al Bramante. La costruzione non era ancora ultimata che papa Giulio II impose al Santoro di “donare” il palazzo a suo nipote Francesco Maria I della Rovere, una donazione che causò la morte per crepacuore del proprietario. Con l’acquisto di altre case limitrofe, i della Rovere ampliarono il palazzo e fecero costruire il portico, poi trasformato nei secoli successivi con due file di otto colonne per racchiudere il lato occidentale del giardino detto “dei melangoli”. Nel 1601 il palazzo fu acquistato da Pietro Aldobrandini con i soldi di papa Clemente VIII, suo zio: questi elevarono le due ali del cortile più grande e costruirono sul lato sud un’altana con tanto di emblema araldico della famiglia con la stella ad otto punte. Nel 1647 l’edificio passò ai Pamphilj, in seguito al matrimonio di Camillo Pamphilj, nipote di papa Innocenzo X, con Olimpia Aldobrandini, che portò appunto in dote il palazzo. I Pamphilj si trasferirono così in questo palazzo perché quello di piazza Navona fu regalato da papa Innocenzo X ad Olimpia Maidalchini, la famigerata “Pimpaccia“. Camillo Pamphilj nel 1734 incaricò l’architetto Gabriele Valvassori di costruire la magnifica facciata tardobarocca che ancora oggi ammiriamo, nonché la splendida facciata su piazza del Collegio Romano. La facciata sul Corso è inquadrata da cinque fasce bugnate verticali con tre portali (dal civico 303 al 305), di cui quello centrale adorno di quattro colonne con capitelli formati da gigli araldici; i tre piani presentano finestre architravate sormontate da finestrelle con timpano mistilineo al primo, finestre a timpano mistilineo con balconi a balaustra al secondo, finestre con cornice mistilinea al terzo, un sontuoso balcone centrale di travertino e due logge laterali curve e un cornicione con decorazioni di gigli e colombe col ramo di ulivo nel becco (stemma dei Pamphilj). Il palazzo, con l’estinzione dei Pamphilj, divenne proprietà dei Doria-Pamphilj. Ad angolo con piazza Venezia si trova Palazzo Bonaparte (nella foto sotto il titolo), costruito per la famiglia d’Aste nel 1660 da Giovanni Antonio De Rossi, sull’area precedentemente occupata da due palazzetti rinascimentali originariamente proprietà di Giovanni Capoccia de’ Capoccini, poi dei Bonaventura ed infine dei d’Aste. Nel 1760 il palazzo fu acquistato dai marchesi Rinuccini di Firenze, poi nel 1818 da Letizia Ramolino, madre di Napoleone I, la quale vi dimorò fino alla morte, avvenuta il 2 febbraio 1836. Nel 1905 l’edificio fu acquistato dai Misciatelli e poi nel 1972 divenne proprietà de “Le Assicurazioni d’Italia”. Sulla facciata barocca spiccano i vari piani, la cui disposizione è ben proporzionata; qui, tra finestre architravate e inferriate, con sottostanti finestrelle, si apre il portale ottocentesco, rifacimento di quello originario del De Rossi, sul quale poggiava un balcone: oggi lo sovrasta invece una finestra con lo stemma dei Bonaparte (l’aquila napoleonica), posto sopra il timpano curvo ornato da conchiglie. Al secondo piano le finestre presentano un timpano triangolare con lati curvi decorati con le teste di leone, stemma dei d’Aste. Il terzo piano presenta tre finestre con terrazzino in ferro alternate a due finestre quadrate. Un terrazzo a balaustra corona il palazzo e circonda un’altana a tre arcate su cui è scritto il nome “Bonaparte”. L’appartamento nobile era composto di nove saloni nei quali le pitture, le decorazioni a stucchi, le belle porte dipinte recano l’impronta dello stile settecentesco. Dal salone d’angolo, le cui finestre guardano sul Corso e su piazza Venezia, si passa ad una loggia coperta dalla quale madama Letizia, divenuta cieca, si faceva descrivere il traffico e chiedeva alla dama di compagnia Rosa Mellini se i passanti alzassero lo sguardo verso l’abitazione della madre dell’imperatore.